8 Dicembre 1970. La colonna infame genovese

8 Dicembre 1970. La colonna infame genovese

Con un anno di ritardo sul previsto, la notte dell’Immacolata del 1970 scatta il piano. Era previsto per l’anno precedente, al culmine della campagna bombe sui treni e dopo la strage di Milano alla Banca Nazionale dell’Agricoltura del 12 Dicembre. A Roma convergono colonne militari e civili organizzati, entrano al Ministero dove erano state depositate le armi per la bisogna, si apprestano ad occupare la Rai per i primi comunicati, e stanno per infilarsi al Quirinale. Nel resto delle regioni, militari e civili “organizzati” prendono posizione pronti ad uscire allo scoperto. È un piano metodico molto ben organizzato. Ma non scatta. Io non lo definisco, come fu definito allora, un piano “fascista”, o almeno esclusivamente tale, ma fascio liberista. Come quelli che di li a poco seguirono in Cile e in Argentina. Lo scopo era lo smantellamento di uno Stato Democratico Costituzionale ad economia mista basato sul welfare e sull’equa distribuzione della ricchezza, sugli investimenti pubblici, sull’IRI, sulla sanita e la previdenza, sulla piena occupazione. Altro non erano che le politiche di Keynes, Beveridge, Roosevelt, Galbraith, Kennedy, Schlesinger, Adriano Olivetti, Mattei, La Pira, Aldo Moro, Papa Giovanni, Paolo VI e in seguito Giovanni Paolo primo, Modigliani, Caffè, Tarantelli, Olaf Palme, Sankara. Mica Stalin o Breznev. Si decise di mutare strategia, elevando il grado di insicurezza e di guerra civile strisciante proseguendo con le bombe sui treni, nelle stazioni e nelle piazze, aggiungendo nuovi protagonisti del terrorismo: le Brigate Rosse. C’è un filo condutture per arrivare comunque al pianificato di allora, con piu tempo ma non meno sanguinisamente. Se osservate i nomi di cui sopra almeno la metà sono stati assassinati o sono misteriosamente scomparsi. Ma ciò che piu importa qui, sulla pagina della nostra città, è sottolineare la partecipazione attiva, soprattutto organizzativamente e finanziariamente parlando, dell’industria privata genovese, che tanto invece otteneva, e ottenne tutt’oggi per riffa o per raffa o “pretende” comunque di ottenere, da quello Stato che voleva abbattere. Le riunioni in vista del colpo di stato del 1969, poi rimandato fra mille proteste e lamentazioni dei “genovesi”, tenute in maggioranza in quel di Boccadasse, furono numerose. Ma chi vi pattecipó non si sa, anche se un notissimo industriale e il suo segretario furono condannati per il finanziamento di attività terroristiche ed eversive. Ma si sanno, tanto che Aldo Giannuli, nel suo libro dedicato a Piazza Fontana, ne indica chiaramente le categorie professionali di appartenenza. A essi va eretta una colonna infame, come quella della foto che si trova nei vicoli di Genova in via del Campo, a imperitura vergogna per loro e le loro famiglie, e per monito alla gente comune.

Share this page to Telegram

Circa l'autore

Articoli recenti

Rubriche