“feroci coi foresti, ma generosi nei confronti della città”
Possono passare secoli, ma prima o poi ai “feroci” arriva il conto, succede un po’ a tutte le popolazioni, il disgregarsi progressivo di un tessuto sociale, popolato da uomini duri, come i genovesi di una volta: “feroci coi foresti, ma generosi nei confronti della città”, una generosità e prodigalità, capace di investire milioni in solidarietà, oltre a donare alla Chiesa cospicue rendite, per non parlare dei mausolei edificati al cimitero di Staglieno, ad indicare potenza e predominio in terra, senza per questo dimenticare il cielo. I secoli passano e pare tutto nella norma, quando iniziano ad avvertirsi sinistri scricchiolii, nomi e cognomi che di locale han nulla, manco l’accento e pare strano che la DIA ne scriva, eppure si diceva: “feroci coi foresti, ma generosi nei confronti della città”, la città si apre, invece, sembrano pensare e uno chiede: sarà per incrementare? D’altronde certe zone di città han bisogno di bonificare e migliorare così il tessuto urbano, o d’inventar mestieri come lo schema Ponzi coi buoni nella ristorazione di massa. Come un polmone che ha bisogno d’ossigenare si fa l’analisi del “foresto” e tra i “foresti” vince chi la DIA descrive o ha descritto. Il tessuto s’infetta, perde forza e ferocia, ed il “foresto” prende il sopravvento. A Troia si dice fu un cavallo, qui non è Troia, ma è un troiaio, non si sa bene, ma è successo e quelle schiere piene di forza e orgoglio, son diventate un pallido ricordo. Ora si parla solo d’emergenza, si chiede aiuto: viadotti, infrastrutture, il clima, il mare iniquo, senza dimenticare la Carige, invece d’ammettere che si chiama decadenza.
http://www.genovaweb.org/materiali/relazioniDIA/2002/2volume_2sem2002.pdf