N’accuse pas

N’accuse pas

Il Genoa esiste ancora – a livello professionistico – solo perchè c’è Preziosi.
Non mi va neanche più di prendermela (figuriamoci di questionare) sulla tiritera di gente che ha come modello sociale ed economico quello di Italo Balbo, Roberto Farinacci e Achille Starace; senza neppure conoscerli.
Gente i cui riferimenti culturali vanno da Maria de Filippi a Julius Evola; da Genny a’Carogna fino a Breaking bad.
Costoro hanno stabilito – una volta e per sempre – con la coerenza delle mucche, che la causa prima ed unica delle loro frustrazioni calcistiche sia il buon vecchio Henry “the Joker”,
chiunque dia una lettura appena più articolata al problema rischia calci e pugni. O – ancor peggio – di essere escluso dal circuito critico-analitico-accademico dei social.
Il Genoa c’è – al livello professionistico attuale – come ci sono stati il Catanzaro di Ceravolo, l’Ascoli di Rozzi, il Perugia di D’Attoma, il Bari di Matarrese, il Pisa di Anconetani, il Palermo di Zamparini…nel quartiere Chievo ringraziano le contabilità di Campedelli, ad Udine gli impiastri di Pozzo, a Sassuolo la generosità di Squinzi. Individui senza le quali ambizioni, competenze tecniche e spregiudicatezza finanziaria, in certi luoghi il Calcio si giocherebbe su campi in terra battuta.
Come la simpatica canaglia di Avellino, che ha scelto il mondo della palla di cuoio come terreno di visibilità commerciale e personale ed esercizio di un indubbio istintaccio tecnico, investendo sul fascino della Gloria storica del Grifone e sull’antica passione dei suoi seguaci.
Ed ecco, infatti, uno dei nodi autentici che sta venendo al pettine della realtà: il dato socio-economico di un pubblico in perenne trasformazione, in realtà un crollo demografico e “culturale”.
Oltre a seguire il corso di un decadimento generale, Genova presenta degli aspetti particolari di degrado, principalmente nell’ambito della partecipazione sportiva: sia perchè la parte Genoana è quella più indissolubilmente legata al territorio ed alle vicende locali, sia per la specificità della propria Storia.
Quindi, oltre alla distruzione operata, prima dalle TV e poi da Internet, dei significati intrinseci del fenomeno “Calcio”, con la moltiplicazione spropositata di denari e informazioni, intervengono fattori particolari quali il diradarsi della popolazione di origine (quindi di Cultura e tradizione Genovesi), lo sfarinamento del tessuto cittadino, il progressivo regresso economico ed un isolamento logistico, reso ultimamente drammatico dalle vicende di carattere ambientale-strutturale.
I Genoani, alla stregua di Etruschi, Berberi e Sioux, è inevitabilmente costretto (comunque favorito dalla fruibilità “globale” ed individuale, attraverso i media tecnologici) ad un ritiro progressivo dalla scena reale, lasciando il posto a nuove generazioni ignare di modi, motivi ed ideologie ormai definitivamente lontani dall’unico mito attualmente imperante: il successo.
Agli antichi Tifosi del Genoa è richiesto un sacrificio antropologico di cui non sono capaci; a cui, forse, non sono più disposti.
Ecco perchè la nostra Squadra (figlia ed insieme sorella) della nostra Città, tanto sterile dal punto di vista industriale, quanto avara negli investimenti “sociali”, può solo aggrapparsi, ormai, alla sporadicità di affari estemporanei ed all’orgoglio – ormai consunto, direi – del Presidente degli ultimi 15 anni.
Solo la mediocrità del pensiero comune cittadino, melting pot forzoso ed improvvisato, ci costringe ad amarissime puntualizzazioni. Utili, del resto (almeno per quanto mi riguarda), a chiarire i termini di una dissoluzione dolce, costante e soprattutto ineluttabile.
Politica, perciò dignitosa fino all’ultimo.

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