Spiace. Ma Il Genoa è Il, Genoa

Spiace. Ma Il Genoa è Il, Genoa
Lo so. I sandoriani si mettono a ridere e magari diranno che anche la sampedoria è la stessa cosa, che anche qualsiasi giocatore della sampedoria dice o può dire le stesse cose.
Col cazzo.
Perchè intanto ditemi quanti e dove sono tutti quelli che l’hanno detto, che hanno usato parole e termini di questo tipo.
Io più che le solite frasi di circostanza semmai non ho visto e sentito.
Lo so. Diranno che per forza Moretti parla così, dove cazzo ha mai giocato Moretti?
Sbagliato anche qui, perchè queste parole, le stesse parole e anche più importanti le hanno dette calciatori che non hanno giocato solo nel Genoa o solo in squadre di non grande levatura ed importanza.
Le hanno dette giocatori di altissimo livello, che hanno giocato in squadroni e in tutti i campi del mondo.
L’ultimo della serie è un certo Sheva.
E non l’ha detto dopo partite straordinarie e successi a nastro. A maggior ragione.
Lo hanno detto anche Allenatori, praticamente tutti, che la Maglia del Genoa è la Maglia del Genoa.
Che il Genoa è il Genoa.
Le hanno dette e lo pensano tutt’oggi anche giocatori che hanno giocato nella sampedoria.
Ci sarà un motivo e a maggior ragione…
La Maglia del Genoa è una Maglia che “pesa”, non è una maglia come le altre.
Ci sono appunto quasi 130 anni di Storia, di battaglie, di eroi, di sudore e di sfighe. Tante sfighe.
Di gioie e di dolori. Tanti dolori.
E sono proprio i dolori, è il dolore che fortifica e lascia il segno.
Molto più delle facili vittorie o di quelle occasionali e mai più ripetibili. Tra l’altro.
Il Genoa è Il, Genoa.
La Nord è la Nord.
I genoani sono i genoani.
Spiace e fatevene una ragione.

Prefazione di Emiliano Moretti al libro “La grande storia dei derby Genoa Sampdoria” di Simone Arveda e Mattia Brighenti.

“Gioco nel Genoa. Poche altre maglie, forse nessuna, portano con sè il peso della storia come questa. 120 anni di emozioni, battaglie, goal, lacrime, successi ed amori. E la prima volta che la indossi, la maglia rossoblù, li senti tutti. Non so spiegare la sensazione, è qualcosa di immediato e in fondo anche semplice, magico: è una responsabilità, d’accordo, ma anche un onore. Ci sono giorni in cui è tutto ancora più chiaro, nitido. Quando il calendario dice che ci siamo, che la partita è quella, il derby. Non può essere una domenica come le altre, non può essere una partita qualunque. Un professionista non deve farsi consumare dalla tensione, dalle emozioni, dalla pressione che cresce tutt’attorno. Deve allenarsi seriamente, sapersi controllare, correre e sudare sul campo come se nulla fosse. Però… Però un professionista è pur sempre un uomo.
E l’uomo vive anche di sentimenti: il derby non è e non può essere soltanto la solita sfida da 3 punti. I tifosi che riempiono le gradinate di Pegli, ti fermano prima ancora di scendere dalla macchina per una pacca sulle spalle, un incitamento. Ti chiedono tutti la stessa cosa, vincere. E tu non puoi rimanere indifferente davanti a tanto calore. La loro battaglia diventa la tua. La storia, quella storia, passa anche da te. Ti chiede di esserne protagonista. Cosa sia il derby lo capisci una volta dentro gli spogliatoi, quando alla partita manca un’ora. L’aria è diversa, elettrica. L’eco dei cori delle gradinate arriva fin là sotto. Può spaventarti, può darti la carica. Di certo non può non toccarti. Poi metti il naso in campo, per il riscaldamento. Lo stadio esplode. Alla tua sinistra fischi. Dall’altra parte, dalla Nord, un grido che ti avvolge. Sei lì per fare il tuo mestiere, a quel punto il tempo comincia ad accelerare: stretching, corsette, due tocchi al pallone… La routine di ogni partita.
Però qualcosa è diverso, perchè un’occhiata agli spalti la butti per forza. Torni giù, nella pancia del Ferraris, e la maglia pesa come non mai. Le ultime raccomandazioni del mister, due parole coi compagni, soprattutto i loro occhi: andiamo a vincere, ragazzi. Quando la partita comincia è il pallone a parlare. Giochi la tua partita, dai l’anima, ti nutri dell’urlo dei tifosi. L’adrenalina gira a mille. Il derby è una scarica elettrica, un intero campionato condensato in 90 minuti, magari 96… Il momento più bello è quando l’arbitro sta per fischiare la fine e capisci che hai vinto: è un attimo lunghissimo, infinito, pieno come poche altre cose al mondo. Una tifoseria impazzisce e il merito è anche tuo. Penso al 3-0 del mio primo anno in rossoblù. Milanetto, Rossi e Palladino: un trionfo, la gara perfetta.
Oppure le due vittorie della stagione successiva, i goal di Rafinha e Boselli. Sensazioni forti, che non se ne vanno nello spazio di una notte. Sono fortunato, è anche per vivere emozioni come queste che un bambino sogna di fare il calciatore. Non tutti ce la fanno. Un derby non sarà una coppa, uno scudetto, una riga da aggiungere ai titoli vinti. Ma non per questo vale di meno, anzi. Pensi a Verdeal, Abbadie, Pruzzo, Branco… Gente che ha fatto la storia del Grifone e l’ha fatta anche e soprattutto vincendo queste sfide. Sai che in qualche modo vai a fargli compagnia, che anche tu ed i tuoi compagni avete regalato alla Nord lunghi momenti di gioia pura. Una pagina di storia, magari piccola, magari in un libro come questo, parla di te. Quant’è leggera e splendida, quella maglia rossoblù, in quei momenti.

Gioco nel Genoa: ve l’ho detto che sono fortunato.”

 

 

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